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Lascio instagram, per un po’

Lascio instagram, per un po’

Ieri notte torno dalla festa di compleanno di un amico, accendo la televisione e scopro che la striscia è stata attaccata via terra, via mare e via aria, 1 milione e mezzo di persone è senza acqua, senza corrente, senza internet nè rete cellulare, la maggior parte degli ospedali sono stati chiusi, la CNN dichiara che ci sono diversi soldati in marcia ma alla televisione non possono mostrarceli perché appunto, non ci sono nè luce nè internet.

Si vede solo il contorno scuro della città venire illuminato qua e là dalle esplosioni dei razzi. E questo mentre sul mio Instagram tutto sembra scorrere normalmente.
Nel nostro mondo edulcorato non sta succedendo niente, nessuno parla neanche del fatto che l’Italia si sia astenuta nel voto all’Onu per richiedere una tregua, o, se qualcuno ne parla, Instagram prontamente silenzia i suoi post come probabilmente silenzierà questo.

Chi mi ha visto dal vivo nelle ultime due settimane sa che sono spezzato in due, c’è la mia vita online che scorre liscia e piena di cose furbette e leggere, e la mia vita offline che porta il peso quotidiano di quello che accade nel vicino oriente.

Qualche giorno fa mi ha videochiamato mia sorella che era a casa con mia nipote, e il video di questa bambina sorridente si è sovrapposto al video che stavo guardando, di un bambino della stessa età estratto dalle macerie di una casa distrutta da una bomba, e morto in braccio ad un reporter di guerra mentre correva in ospedale. Mentre parlavo con mia nipote mi girava la testa, sconvolto dal dolore e dalla sensazione tristissima di essere semplicemente l’uomo più fortunato del mondo.

Niente più di questo descrive il mondo in cui vivo dal 7 di ottobre.

Perché non ne parlo sui miei social, allora?

Non lo so.

Prima di tutto ho la sensazione che la mia voce sia una goccia in un mare di contenuti che l’algoritmo preferisce, e tacitamente mi invita a produrre. Ma questa è una scusa, perché ho sempre parlato di cose controverse, ho sempre fatto storie lunghe e parlate e di argomenti “seriosi” quando era chiaro che all’algoritmo non piacevano, quindi non diciamo idiozie. Però stavolta è un po’ diverso. Perché io alla fine con Instagram ci pago il mutuo e non vorresti mai essere messo nella lista delle persone che parlano di argomenti scomodi se fai il mio mestiere, vero?

O forse si?

Ho mandato a cagare datori di lavoro, fidanzate, amici, parenti, perché non posso mandare a cagare una piattaforma?

E comunque, cosa avrei da dire? Sono due settimane che sento di voler parlare di questo conflitto ma non trovo le parole giuste neanche nelle bocche di altri, come potrei averle io che di questa cosa non mi occupo, e nonostante tutti i miei sforzi mi sembra sempre di non saperne abbastanza?

Sono un ignavo? Sono un pavido? Sono vittima della linea editoriale della piattaforma con cui mi pago l’affitto? Sono un opportunista? O al contrario lo sarei stato se ne avessi parlato, e sarebbe saltato fuori qualcuno a dirmi che ne parlo solo per fare le views, come mi è successo quando ho parlato dell’Ucraina? Avrei dovuto parlare prima di questa guerra che secondo alcuni non è neanche una guerra? Scegliere una delle due parti dal mio comodo divano, sposare una causa in base all’umore del giorno?

Io vi giuro che non lo so più.

Una settimana fa ho scritto un articolo per parlare dell’unica cosa che conta in questa vicenda, ovvero capire come siamo arrivati a questa desolazione, per fare in modo che non risucceda, e sono stato minacciato solo per avere DETTO che l’avrei pubblicato. Due persone mi hanno scritto per accertarsi che io usassi le parole giuste, perché in questo conflitto tutto ha due modi di essere pensato e quindi detto: è resistenza o terrorismo? Sono civili o sono scudi umani?

Tutto è bandiera, soprattutto le parole. Alla fine l’articolo l’ho pubblicato senza dirlo a nessuno, perché la realtà è che non mi sento all’altezza.

Qual è il mio posto? Io non lo so più. So solo che non mi sono mai sentito così stanco e triste e arrabbiato e impotente come lo sono oggi.

Oggi, per quanto mi riguarda, tutta l’umanità ha fallito. È colpa tanto di quelli che hanno scelto una parte senza guardare il disegno generale, quanto di quelli che l’hanno lasciato succedere in silenzio. Tanto dei media che hanno fatto una pessima informazione, quanto di quelli che, con questa scusa, se ne sono sbattuti i coglioni.

È anche colpa mia, forse soprattutto colpa mia, perchè no.

Vedi commenti (6)
  • Sommessamente lascio una traccia, per dirti che ho letto. Che rifletto e che nessuna parola è mai vana. Anche quando non si sa più.
    Cosa pensare.
    Cosa essere.
    Cosa fare

  • Ho letto con attenzione tutto il tuo articolo, che dire… sei stato molto vero. Questo ti fa onore! Il mondo è scarseggiante di empatia…

    Grazie Alessio

  • Credo che ci sentiamo un po’ tutti impotenti oltre che sconvolti. Credo però che parlarne con cognizione di causa non sia invano. A qualcosa di positivo, presente o futuro, dovrà pur servire. È la pagina, forse l’epilogo più orribile dell’intera umanità, semplicemente perché abbiamo i mezzi di comunicazione. Questa semplicità è un’arma tanto orrenda quanto potente. Fa tutto tremendamente paura.

  • Ho letto e compreso il tuo malessere.
    Meriti tutto il mio rispetto. E che l’algoritmo vada a farsi benedire!

  • Sei una grande persona Alessio,un grande essere umano,empatico e colto. Massimo rispetto e totale comprensione per le tue parole. In questo momento penso che la maggior parte di noi si senta impotente.

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© 2019 Alessio De Santa
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