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Di cosa parla Beau ha paura (il finale spiegato bene)

Di cosa parla Beau ha paura (il finale spiegato bene)

Questo articolo è solo la spiegazione del finale, se vuoi una recensione del film vai QUI.

Una premessa: uno dei primi corti di Ari Aster, il regista di Beau ha paura, si intitolava “Beau”, e raccontava di un uomo che deve andare in aeroporto ma è bloccato in casa a causa del vicino, non so se vi ricorda qualcosa. Il corto è stato cancellato da Youtube un mese prima dell’uscita del film.

Questo per dire che “Beau ha paura” è chiaramente stato scritto mescolando idee nate in momenti diversi e non sempre ben connesse, dando in diversi momenti più attenzione all’aspetto visivo che a quello narrativo.

Questo è il motivo per cui in diversi momenti il film sembra divagare (banalmente tutta la parte nella foresta sembra completamente giustapposta e il film sarebbe più chiaro e lineare se non ci fosse).

Detto questo, l’inizio e la fine del film sembrano di parlare di una cosa molto chiara, quindi LEZZZ GO:

Il tema del film

cominciamo dal titolo, che dà una linea interpretativa: “Beau ha paura” analizza appunto la paura di Beau.

Beau sembra, dall’inizio del film, spaventato da tutto, dal mondo che lo circonda, dai suoi vicini, ma molto presto capiamo che c’è un punto fermo nella sua vita, da cui tutta la sua paura scaturisce: sua madre.

E capiamo anche che la sua paura non è un istinto di sopravvivenza nei confronti di un mondo oggettivamente difficile, bensì è senso di colpa, che la madre costruisce e usa sapientemente per tenere Beau sempre connesso a lei.

La telefonata in cui lui le chiede cosa dovrebbe fare, visto che gli hanno rubato le chiavi di casa e sta perdendo l’aereo per andare a trovarla, e la madre gli risponde “confido che farai la cosa giusta” ne è l’esempio più lampante.

Tutte le scelte che Beau farà, non faranno altro che peggiorare la sua condizione, a causa del doppio legame che Bateson aveva teorizzato essere l’origine della schizofrenia.

Non era la prima volta che Aster analizzava il rapporto malato con una madre controllante, visto che in questo cortometraggio raccontava di una madre che, pur di non vedere il figlio andarsene all’università preferiva avvelenarlo:

Un cortometraggio di Aster del 2013

La morte della madre

A muovere tutta la trama è infatti la (apparente) morte della madre, constatata da un corriere che passava di lì per caso, morte che scopriamo nel finale essere in realtà un ennesimo tranello della madre per metterlo alla prova.

Persino le sedute psicanalitiche di Beau vengono sviscerate nella dimostrazione di quanto la madre sia manipolatrice, e in un ultimo tentativo di tenerlo nel gioco del controllo.

L’unico modo per uscire da questa dinamica è, per Beau, di uccidere sua madre.

Una volta che però ha le mani al suo collo, la madre decide che è finalmente arrivato il momento di svelare a Beau i dettagli sulla soffitta che ritorna nei suoi sogni.

La soffitta

La soffitta va, come buona parte di questo film, interpretata come un’allegoria: è infatti il posto dove le cose vengono lasciate e dimenticate, il subconscio, o la memoria.

Dentro la soffitta Beau trova infatti un doppio di se stesso, ormai ridotto in fin di vita: più che un fratello, una parte di se che la madre non voleva che lui vedesse.

E un pene gigante.

Il pene gigante

La madre ad un certo punto fa riferimento al pene gigante chiamandolo “tuo padre”, il che potrebbe voler dire due cose, probabilmente entrambe vere:

  • che il padre di Beau era un “huge dick” (espressione gergale traducibile con “grandissima testa di cazzo”), emotivamente o fisicamente assente, motivo per cui la sua memoria è stata depositata nella soffitta delle cose di cui non si parla
  • che il padre di Beau ha avuto solo un’unica funzione, ovvero quella riproduttiva, ed è questa l’unico riconoscimento che la madre ha dato della figura paterna a Beau

Il fatto però che una parte di Beau sia rinchiusa in quella soffitta con il pene gigante sembra anche una dichiarazione, che Aster sta facendo: richiudendo il padre lassù, e precludendo l’accesso al figlio, la madre ci ha rinchiuso anche la mascolinità del figlio.

Non a caso, la madre sin da bambino ha detto a Beau che è portatore di una drammatica patologia: se farà sesso morirà, come sono morti suo padre, suo nonno e il suo bisnonno.

Nessun maschio nella famiglia di Beau ha scampo, nella narrazione della madre: la funzione dell’uomo è riprodursi e morire, e perché non succeda a Beau, lui deve astenersi dall’avere rapporti con una donna.

Quando li ha, ovviamente, succede il peggio: Beau non muore, ma muore la donna con cui Beau ha avuto sesso, nella triste e inquietante dimostrazione che i sensi di colpa da cui Beau è afflitto, tutto ciò da cui la madre lo aveva messo in guardia, è tutto vero.

Anche il rapporto tra sessualità, senso di colpa e figura paterna non sono nuovi nella poetica di Aster, erano temi trattati nel 2011 in questo corto (super inquietante, quindi guardatelo a vostra discrezione):

Conclusioni

Beau viene quindi messo a giudizio in una enorme arena gremita di persone (il pubblico?) e da un lato ha l’avvocato dell’accusa, che insieme alla madre urla tutte le sue colpe, mentre dall’altra l’avvocato della difesa si sente a malapena, e infatti Beau non ha scampo, come non lo ha avuto per tutto il film: è costretto a morire a causa dei suoi sensi di colpa, eternamente buono, in un mondo a cui lui non è preparato.

Una cosa è certa: non avrei voluto conoscere la madre di Aster.

Se ho dimenticato qualcosa, sei in disaccordo o hai altre idee di interpretazione di alcune scene: i commenti stanno sotto, oppure scrivimi su Instagram.

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