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A cosa servono le storie e perché le raccontiamo

A cosa servono le storie e perché le raccontiamo

Ti sei mai chiesto a cosa servono le storie e perché le raccontiamo? Qualcuno ha provato a dare una risposta a questa domanda.

Nel suo libro Sapiens – da animali a dei (Link ad Amazon QUI), lo storico contemporaneo Yuval Noah Harari spiega che le storie potrebbero essere considerate lo strumento che ha portato l’uomo in una “corsia preferenziale evoluzionistica”.

Andando indietro nel tempo fino a 150.000 anni fa, racconta Harari, due specie umane popolavano il mondo: i Neanderthal e i Sapiens (dai quali discendiamo direttamente).

Pur avendo un cervello più grosso, i Sapiens erano sopraffatti dai Neanderthal, fisicamente più dotati. La situazione cambiò circa 70.000 anni fa, quando i Sapiens spazzarono via i Neanderthal, e cominciarono un processo di forte espansione, attraversando persino l’oceano e colonizzando l’Australia, circa 45.000 anni fa.

Ci sono testimonianze che in questo periodo i Sapiens inventarono alcuni strumenti quali le lampade ad olio, l’arco, gli aghi, ma non solo: abbiamo ritrovato oggetti d’arte e di gioielleria, e le prime prove incontrovertibili della nascita di religioni, commercio e stratificazione sociale.

Queste scoperte hanno portato gli studiosi a credere che in un periodo datato tra i 70.000 e i 30.000 anni fa, sia avvenuta quella che chiamano una “Rivoluzione Cognitiva“: accidentali mutazioni genetiche hanno generato nuove connessioni neuronali del cervello, che hanno permesso, a loro volta, nuovi tipi di linguaggio e di pensiero.

Un TED Talk di Harari (sottotitoli in italiano)

Due caratteristiche che rendono il nostro linguaggio speciale

Due caratteristiche rendono il nostro linguaggio degno di nota rispetto a quello di altre specie animali:

  • è economico: pochi suoni producono una grande quantità di significati.
  • può riferirsi a cose non realmente esistenti.

Il motivo per cui questo è stato così importante è che la condivisione di storie articolate sul mondo permette non solo di immaginare le cose, ma di farlo collettivamente.

Dal punto di vista evoluzionistico questo si è dimostrato essere uno strumento determinante per la nostra specie: normalmente i mammiferi possono coordinarsi in gruppi con una gerarchia molto rigida e un numero ristretto di individui, perché sono basati sui rapporti di conoscenza diretta e intima tra singoli.

Poter comunicare informazioni sui vari membri di un gruppo ha fatto sì che le dimensioni di questo potessero aumentare, superando di gran lunga i 150 elementi. Ma ciò che ha cambiato completamente il gioco è stata la nascita e la diffusione delle storie.

Qualsiasi cooperazione umana su vasta scala è radicata in miti comuni che esistono solo nell'immaginazione collettiva. (Yuval Noah Harari – Sapiens) Condividi il Tweet

Le storie e la loro funzione

Qualsiasi cooperazione umana su vasta scala è radicata in miti comuni che esistono solo nell’immaginazione collettiva“, dice Harari.

Secondo Harari le moderne istituzioni, siano esse aziende, sistemi giudiziari o il sistema economico globale, non sono molto diverse dai miti delle comunità preistoriche.

Lo storytelling, la capacità di creare una realtà immaginata condivisa partendo dalle parole, ha consentito a grandi numeri di estranei di cooperare efficacemente tra di loro.

Ma non solo.

Secondo Harari, la possibilità di raccontare storie è ciò che ha messo i Sapiens su quella che lui definisce “la corsia di sorpasso dell’evoluzione”. Grazie alle storie, grazie ad una narrazione condivisa, i cambiamenti sociali erano finalmente slegati dai cambiamenti biologici. Gli uomini potevano condividere comportamenti e visioni di lungo periodo, cambiare le strutture sociali e la natura dei rapporti interpersonali in tempi relativamente brevi (10.000 anni).

E questo è ciò che ci ha permesso di sbaragliare la concorrenza, in termini evoluzionistici.

Qui di seguito il link per consultare il libro:

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